mercoledì 25 ottobre 2017

Sindrome di Angelman e Idrokinesiterapia



I Criteri Diagnostici

La Sindrome di Angelman (SA) è un disordine neurogenetico individuato dal Dott. Harry Angelman, un Pediatra inglese, nel 1965. Egli identificò in tre dei suoi piccoli pazienti delle
caratteristiche comuni che comprendevano capelli ed occhi chiari, ipopigmentazione cutanea, microbrachicefalia, epilessia, tremore, atassia, assenza di linguaggio verbale e propensione al sorriso. Durante una vacanza in Italia, visitando il museo di Castelvecchio a Verona, fu particolarmente attratto da un quadro, il Ritratto di Fanciullo con disegno di Giovanni Francesco Caroto (Fig.1), come si può osservare questo quadro rappresenta un bambino sorridente che tiene in mano un disegno di un burattino. Fu proprio questo quadro a farlo soffermare sul concetto di puppet, “burattino o marionetta”, rimandando così al modo di muoversi di quei bambini, alla marcia atassica ed ai movimenti a scatto degli arti. Nel 1967 Bower e Jeavons aggiunsero l’accezione “felice” al termine di “burattino”, dando così il via alla definizione di“Happy Puppet” Syndrome; solo dal 1982 si assunse come denominazione l’eponimo di Sindrome di Angelman (SA).1


Figura 1.1 Ritratto di Fanciullo con
disegno di Giovanni Francesco Caroto

La diagnosi viene fatta da un pediatra, da un genetista e da un neurologo sulla base dell’analisi di aspetti clinici e di test genetici. La diagnosi viene spesso fatta tra i 3 ed i 7 anni, quando si rendono più evidenti il fenotipo comportamentale ed il quadro clinico caratteristici.
Caratteristiche consistenti, presenti nel 100%
ritardo mentale severo;
assenza di linguaggio, abilità comunicativa non verbale maggiore rispetto a
quella verbale;
disturbo del movimento o dell’equilibrio, generalmente atassia e/o tremore;
riso/sorriso frequente; aspetto apparentemente felice; riso parossistico;
personalità facilmente eccitabile, spesso con “sfarfallio” delle mani;
irrequietezza motoria;
deficit d’attenzione;
Caratteristiche frequenti, presenti in più dell’80%
ritardo e sproporzione nell’accrescimento della circonferenza cranica, spesso con
microcefalia dopo i 2 anni di età;
epilessia, spesso l’insorgenza avviene entro i 3 anni;
EEG tipico con attività ritmica di fondo lenta, anomalie parossistiche posteriori,
onde-punta anteriori;
Caratteristiche associate, presenti tra il 20% e l’80%
occipite piatto;
solco occipitale;
protrusione della lingua;
scialorrea e disordini della deglutizione;
problemi di nutrizione durante l’infanzia;
prognatismo;
bocca larga con denti spaziati;
movimenti masticatori della bocca;
strabismo;
ipopigmentazione cutanea, capelli e occhi chiari in caso di delezione ;
riflessi osteotendinei vivaci agli arti inferiori;
braccia a guardia alta (addotte, con avambraccio flesso sul braccio), soprattutto
durante la marcia;
postura e marcia a base allargata;
disturbi del sonno con difficoltà di addormentamento, risvegli precoci e ridotto
bisogno di sonno;
attrazione per l’acqua;
obesità (nei bambini più grandi);
scoliosi;
costipazione;

La diagnosi di SA viene confermata da esami clinici diagnostici specifici che evidenziano:
    1. storia di epilessia e tracciati di EEG anomali
    2. mappa cromosomica alterata

Epidemiologia

La sindrome di Angelman riguarda tutte le razze ed entrambi i sessi anche si riscontra prevalentemente nei gruppi etnici di razza bianca.
La Sindrome di Angelman è considerata come un disordine neurogenetico raro. Malattie rare si definiscono quelle la cui prevalenza nella popolazione generale risulta bassa. Nella Comunità Europea rientrano in questo gruppo di patologie quelle con prevalenza di 5:10000, in Italia quelle la cui prevalenza è compresa tra 1:20000 ed 1:200000, con tali numeri si individuano così più di 5000 malattie che vanno a costituire il 10% delle malattie totali. Si stima che l’incidenza della S. di Angelman sia compresa tra 1 su 10.000 ed 1 su 40.000.2 Secondo l’Or.S.A., Organizzazione Sindrome di Angelman, l’incidenza sarebbe maggiore, 1:10000-1:12000; riporta inoltre che i casi che risultano diagnosticati in Italia sono circa 400 a cui però dovrebbero aggiungersi 5000 casi stimati misconosciuti. Nel mondo la SA è stata segnalata in diversi gruppi razziali. Nel Nord America, la frequenza è maggiore tra i pazienti bianchi rispetto ai pazienti di razza nera, tuttavia si
sono riscontrati alcuni casi tra gli Americani di origine africana ed è stato segnalato un caso in un bambino sudafricano.
2 J. Clayton-Smith and Laan, J. Med. Genet. 2003;40;87-95


Genetica E Patogenesi

La sindrome di Angelman è dovuta all’assenza o all’anomalo funzionamento della componente materna di una regione del cromosoma 15 (15q11-q13) (Knoll J.H.M., et al., 1989; Cooke A. et al.  1989 ). La perdita della componente paterna della stessa regione del cromosoma 15 causa, invece, la sindrome di Prader-Willi (SPW).
Attualmente si presume che le caratteristiche peculiari della SA siano dovute alla deficitaria funzione o espressione del gene UBE3A che viene ereditato normalmente dall’allele materno, ma i cui meccanismi sono ancora poco conosciuti.
I pazienti con SA possono essere suddivisi in 5 specifiche classi eziologiche a cui corrispondono meccanismi biologici e rischi di ricorrenza differenti:
 1) delezione della regione SA/SPW sulla copia del cromosoma 15 ereditato dalla madre;
 2) disomia uniparentale paterna;
 3) difetto del centro dell’imprinting (IC);
4) mutazione del gene UBE3A;
 5) meccanismi non identificati.

  • Delezione: la mancanza della componente materna della regione 15q11-q13, de novo, è la causa più frequente della malattia (50-75% dei casi). Tale delezione, che interessa sempre il cromosoma 15 di derivazione materna, ha un’ampiezza di 4-6 Mb. Essa si estende generalmente dal gene MKRN3 prossimale al gene P (OCA2) distale. Alla delezione di quest’ultimo gene è correlata l’ipopigmentazione della cute e gli occhi chiari osservati nei pazienti deleti, in quanto il gene P è coinvolto nella melanogenesi, in particolare nel trasporto intracellulare dell’enzima tirosinasi e delle proteine correlate (Spritz RA et al, 1993; Toyofuku K et al, 2002). In alcune mamme di bambini con SA da delezione è stata inoltre osservata un’inversione della regione 15q11.2-q13 (la regione deleta nei figli con SA). È dunque possibile che anomalie pre-esistenti del genoma possano predisporre alla delezione.
  • Disomia Uniparentale Paterna: entrambi i cromosomi 15 derivano dal padre, venendo a mancare il contributo genetico materno per la regione critica (Malcolm S. et al, 1991; Knoll JHM. et al.1991). Essa è presente nel 2-4% dei casi.
  • Mutazioni del centro di imprinting (CI): sono presenti nel 3% dei casi. In questi casi l’alterazione è localizzata nella stessa regione cromosomica e coinvolge una regione genetica (CI) posta prossimalmente al gene SNRPN, in grado di regolare l’espressione differenziale delle informazioni genetiche: i geni che dovrebbero essere espressi dal cromosoma materno non lo sono più con un effetto analogo a quello della delezione e della disomia uniparentale. Piccole delezioni di questa regione sarebbero responsabili dei casi di AS che presentano un alterato pattern di metilazione.
  • Mutazioni del gene UBE3A: descritte nel 5-11% dei casi. Parecchi individui che ereditano il cromosoma 15 da entrambi i genitori e con un normale pattern di metilazione presentano mutazioni del gene UBE3A, che codifica la proteina ubiquitina-ligasi E3A (Kishino T et al, 1997; Matsuura T et al, 1997). Questa proteina è implicata nel ciclo dell’ubiquitina il cui target è quello di selezionare le proteine da degradare. Circa il 40%-50% degli individui con un test di metilazione normale hanno una mutazione del gene UBE3A (Lossie AC et al, 2001)
  • Altri meccanismi: nell’11-20% degli individui con SA con test di metilazione normale non si riscontra nessuna delle 4 cause genetiche descritte. È plausibile che un altro gene (localizzato altrove nel genoma) implicato nel ciclo dell’ubiquitina possa essere coinvolto e determinare il fenotipo SA.
Aspetti Medici
Al momento della nascita l’unico tratto caratteristico che si può osservare nel neonato con sindrome di Angelman è una depressione occipitale del cranio, mentre fino a 12 mesi non si rilevano elementi particolari nel viso. Nel corso del primo semestre di vita compare il sorriso sociale che è frequente, prolungato e a volte inappropriato. Quasi tutti i bambini presentano problemi visivi (strabismo, nistagmo, ipoplasia maculare) e ipopigmentazione della pelle e degli occhi. Nel corso della crescita diventano evidenti il prognatismo mandibolare, la bocca di dimensioni superiori alla norma, la nascita di denti spaziati tra loro, la lingua estesa in modo persistente all’esterno della bocca e scialorrea.
I disturbi del sonno si presentano quasi nella totalità dei bambini dai 2 ai 6 anni. Le ore di riposo sono ridotte a 5-6 per notte e possono essere caratterizzate da frequenti risvegli e da episodi di agitazione.
Le crisi epilettiche sono presenti nell’80 per cento dei casi (Buiting, Saitoh e altri, 1995) e compaiono tra i 6-10 mesi e 18 anni, ma solo nel 30 per cento dei soggetti prima dei 2 anni.
La salute generale dei soggetti con S.A. è buona e in media raggiungono i trentacinque- quarant’anni e oltre. I problemi di salute che possono presentarsi nella prima infanzia sono difficoltà si suzione, infezioni respiratorie e otiti. Queste ultime sono dovute all’alterazione del solco craniale, che ostacola la regolare ossigenazione alle tube di Eustachio. Complicazioni successive possono riguardare: il persistere e peggioramento degli attacchi epilettici; la comparsa di atteggiamenti scoliotici che possono compromettere la deambulazione.
Gli Stati Evolutivi

La storia prenatale, lo sviluppo fetale, il peso alla nascita e la circonferenza della testa delle persone affette da Sa rientrano nei parametri medi di sviluppo. Nei primi mesi di vita i soggetti possono presentare difficoltà specifiche di alimentazione e ritardo nel sorridere, stare seduti da soli e fare i primi passi. Queste difficoltà così generali all’inizio vengono considerate come normali ritardi del processo maturativi dello sviluppo e per questo vengono sottovalutati e non c’è una diagnosi tempestiva.
Alcuni tratti caratteristici possono essere individuati nei primi sei mesi di vita, mentre gli aspetti clinici peculiari si manifestano solo dopo il primo anno di età.
Le successive anormalità dopo il primo anno di età riguardano:
  1. Evidenti microcefalie del 50 per cento dei casi. La maggior parte dei bambini con SA a tre anni presentano una circonferenza della testa inferiore al 25 per cento, spesso accompagnata da un appiattimento posteriore della testa.
  2. La comparsa degli scoppi di riso ed eventuale strabismo.
  3. Il ritardo psicomotorio: la posizione autonoma viene raggiunta tra i 6 mesi ei 3 anni di vita rispetto ai normodotati che raggiungono tale autonomia intorno all’anno di vita; il gattona mento intorno ai 22 mesi; la stazione eretta tra i 18 mesi e i 7 anni e nel corso di questi anni impara a camminare pur tuttavia presentando una serie di movimenti quali tremori, andatura legnosa e comportamenti inappropriata che sono tipici della sindrome (Zori, Hendrickson e altri, 1992).   Questi tratti sono presenti in egual modo nei soggetti di entrambi i sessi. Il 1 per cento dei bambini non saranno mai in grado di camminare in quanto è presente l’ipertonia spastica agli arti che compromette marcatamente la deambulazione.
  4. L’assenza del linguaggio: il linguaggio espressivo è limitato a meno di sette parole in quasi tutti i soggetti. Pur presentando tale deficit viene conservata la capacità di comunicare con altre modalità ad esempio gestuale, infatti la memoria soprattutto quella dei visi e dell’orientamento spaziale sono meno compromessi.
  5. Comparsa di crisi epilettiche: queste cominciano nei primi sei mesi di vita, ma più frequenti tra i18-24 mesi. Sono stati individuati diversi tipi di crisi: convulsioni febbrili, spasmi, assenza, assenze miocloniche, crisi parziali complesse, crisi mio cloniche, crisi generalizzate tonico-cloniche, ecc. con il trascorrere dell’età (dieci anni) la prognosi per le crisi epilettiche è positiva con controllo parziale o totale.
  6. Nel 90 per cento circa dei bambini con SA è presente un’anormalità nel ciclo sonno/veglia. Questi bambini necessitano di un numero abbastanza limitato di ore di sonno, tra le 5 e le 6 ore per notte, soprattutto tra i 2 e i 6 anni di età. In genere questi disturbi migliorano con l’età. Nella letteratura medica è riportato un caso di notevole miglioramento della quantità e qualità delle ore di sonno dopo un trattamento comportamentale (Summers, Lynch e altri, 1992) . Clayton-Smith (1993) osserva in base ai suoi studi condotti in Inghilterra con 82 pazienti che i comportamenti disturbati e il sonno scarso migliorano con la terapia comportamentale e una serie di atteggiamenti costanti, prestabiliti concordati precedentemente con i pazienti.
  7. Iperattività che migliora con il passare dell’età; prediligono esplorare gli oggetti con la bocca masticando di continuo. La lingua nel 30/50% dei casi pur sembrando essere normale nella forma e nella dimensione appare un’estensione all’esterno della bocca. Questi bambini amano giocare con l’acqua, sono attratti dagli specchi, dai palloncini, dai giocattoli musicali e sonori. Come detto in precedenza la diagnosi avviene tra i 3 e i 7 anni e se i soggetti vengono seguiti in modo costane e appropriato son possibili miglioramenti. A livello fisico la pubertà. Nei giovani adulti l’irrequietezza motoria decresce con l’età. L’abilità di vestirsi autonomamente è variabile e le compromissioni si riscontrano nelle abilità motorie fini come l’allacciare bottoni, stringhe, chiusure lampo e la maggior parte degli adulti sanno mangiare con le posate. Gli individui con atassia grave pur avendo un’autonomia deambulatoria nel corso dello sviluppo può essere compromessa. La scoliosi può presentarsi in adolescenza ed è un problema serio per chi non cammina. Per quanto riguarda l’età di vita l’età media stimata è di trenta/quarant’anni. La natura affettuosa, che è un aspetto positivo della prima infanzia, può creare problemi nella sfera sociale in quanto incapace di modulare la loro espansività che può essere migliorata. Questi soggetti nonostante alcuni miglioramenti nell’area dell’autonomia e dell’indipendenza non raggiungeranno mai un grado di autonomie tali da potergli permettere di vivere da soli.


Gli Aspetti Psicosociali

Movimenti iperattivi del troco e degli arti sono presenti fin dalla prima infanzia. I movimenti volontari sono spesso irregolari che vanno da esili movimenti a scossoni che impediscono di camminare, mangiare e svolgere tutte le attività di esplorazione tipico dei neonati. Le tappe dello sviluppo motorio sono deficitarie: il riflesso di Moro risulta da subito troppo pronunciato e i bambini imparano a camminare fra i 3 e i 7 anni. L’equilibrio non è totalmente compromesso e anche di fronte a casi piuttosto gravi in cui i ragazzi sono molto rigidi, si muovono come robot, vacillanti, la deambulazione e gli spostamenti sono presenti seppur in modo difficoltoso. La postura eretta si presenta estremamente immobile e fissa e il soggetto appare come una statua “congelato”.
L’immagine caratteristica dei ragazzi con S.A. è: gambe tenute larghe e ben piantate a terra, piedi piatti e voltati all’esterno, braccia sollevate, gomiti flessi e mani rivolte verso il basso. Infatti l’appellativo datogli è quello di “happy Puppet” (burattino felice, marionetta felice). Molti bambini sono completamente atassici e si muovono a scatti impedendo loro di camminare circa il 10 per cento finisce sulla sedia a rotelle.
L’iperattività è il comportamento più tipico dei soggetti con sindrome di Angelman. L’iperattività è l’incapacità di prestare attenzione a qualunque stimolo venga presentato. I bambini considerata la loro iperattività necessitano di essere sorvegliati in ogni istante, facendo attenzione a cosa portano alla bocca e a quali e quanti oggetti vengono manipolati o recuperati. Sono possibili numerosi incidenti, bruciature o abrasioni. Altri comportamenti osservabili sono: l’aggrapparsi, lo stringere e il morsicare.
Per quanto riguarda il comportamento sociale, i bambini sono generalmente “felici”, socievoli e ridono spesso anche senza un preciso motivo. La risata molte volte è l’espressione di un evento motorio. Infatti la maggior parte delle reazioni agli stimoli fisici e mentali sono accompagnate dal riso o da smorfie sociali. A questi comportamenti felici si affiancano anche manifestazioni di irritabilità e iperattività, il pianto, gli scoppi di risa, le urla e brevi suoni gutturali.
I bambini con S.A. preferiscono attività che richiedono poca concentrazione e amano l’acqua. Prediligono giocattoli in plastica, palloni, fotografie, giochi musicali, guardare la televisione.
Come detto prima i soggetti affetti da suddetta sindrome sono socievoli, affettuosi e amano stare con le altre persone, ma non riescono ad interagire direttamente con loro. La loro attenzione è talmente breve da ostacolare le interazioni sociali. Altri comportamenti tipici che no agevolano la relazione e i rapporti di amicizia con i coetanei sono: tirare i capelli, graffiare, sputacchiare, scialorrea. I giovani adulti sono più abili socialmente soprattutto nell’interazione con adulti abituati o operatori preparati e specializzati che sanno dedicare l’adeguata attenzione e pazienza e mettono in atto precise pratiche di stimolazione.

Gli Aspetti Cognitivi

Uno dei tratti fondamentali della SA è la presenza di un deficit nello sviluppo del linguaggio. Infatti nella maggior parte dei bambini vi è la totale assenza del linguaggio; altri pronunciano tre parole e si registra un caso di uso di sette vocaboli.
I neonati e i fanciulli piangono meno spesso e hanno un decremento del balbettìo. Una singola parola come “mamma” può svilupparsi tra i 10 e 18 mesi, ma può essere utilizzata senza un significato simbolico. A 2-3 anni il ritardo nello sviluppo del linguaggio è ormai palese, ma ciò non significa che questi bambini non comunicano, infatti proprie in questa età compaiono le prime forme spontanee di comunicazione non verbale. Alcuni parti del corpo vengono indicate e alcuni bisogni vengono espressi con semplici gesti. Alla luce di quanto detto è fondamentale, affinché queste competenze comunicative possano emergere in maniera efficace, una partecipazione di questi bambini a training specifici. Altri soggetti in cui la sintomatologia è più accentuata non raggiungono neanche il primo stadio della comunicazione e stabiliscono il contatto solo con gli occhi. L’abilità di comunicare attraverso forme non verbali varia considerevolmente e la maggior parte dei soggetti raggiunge risultati soddisfacenti riuscendo ad imparare il proprio nome e la firma utilizzando immagini al fine di comunicare. Le forme prevalenti di comunicazione avvengono prevalentemente attraverso suoni, rapidi movimenti delle mani, movimenti degli occhi o del corpo, cenni del capo per il sì e per il no.
Le prestazioni ai test sono compromessi dal deficit attentivo, dall’iperattività, dal mancato controllo motorio e dall’assenza del linguaggio.
L’area in cui si riscontrano migliori prestazioni è quella dell’area della comprensione e della produzione. Durante la crescita possono avere uno sviluppo differente, in quanto alcuni possono raggiungere discrete abilità di comunicazione sociale, scambi affettivi, partecipazione in attività di gruppo o la partecipazione a piccole faccende domestiche. Altri invece possono non arrivarci mai e solo in casi rari vi è addirittura un peggioramento in termine di ritardo mentale e deficit di attenzione. Questo si verifica in misura maggiore nei casi con difficile controllo dell’epilessia, con atassia altamente pronunciata e con problemi motori. Tuttavia in un ambiente protetto, stimolante, propositivo e con un adeguato intervento comportamentale il bambino può imparare a superare gravi deficit iniziali e realizzare alcuni progressi.



Ritardo Mentale E Test Evolutivi

Il funzionamento neurologico dipende da numerosi aspetti tra loro strettamente
correlati, in particolar modo motori, cognitivi ed emozionali.
Tutti i pazienti con SA presentano ritardo mentale, che può essere in parte oggettivato
con l’applicazione di scale psicometriche create per bambini della prima infanzia. Tra
gli strumenti utilizzati in letteratura è riportata la scala di sviluppo Bayley; essa è
composta da cinque scale principali, tre delle quali vengono somministrate interagendo
direttamente col bambino (cognitiva, linguaggio e motoria), due attraverso un
questionario ai genitori (socio-emozionale e comportamento adattativo). La scala di
sviluppo Bayley III andrebbe somministrata a bambini da 1 a 42 mesi d’età ed è così
strutturata:
Scala Cognitiva: per la valutazione ad esempio delle modalità di esplorazione, di
manipolazione, di formazione di concetti.
Scala del Linguaggio Ricettivo: valuta comportamenti pre - verbali e la
comprensione verbale.
Scala del Linguaggio Espressivo: valuta comunicazione pre - verbale, lo
sviluppo del vocabolario.
Scala delle abilità Fino-Motorie: valuta tracciamento visivo, raggiungimento,
manipolazione di oggetti, presa e risposta all'informazione tattile.
Scala delle abilità Grosso-Motorie: valuta postura, movimento dinamico
(locomozione e coordinazione), equilibrio e pianificazione grosso-motoria.
Scala Socio-Emozionale: valuta la padronanza che il bambino ha della propria
funzionalità emotiva, bisogni comunicativi, capacità di relazionarsi con gli altri,
di utilizzare le emozioni in modo interattivo e finalizzato e uso dei segnali
emotivi per risolvere i problemi.
Scala del Comportamento adattivo: valuta le abilità funzionali quotidiane del
bambino, misurando cosa effettivamente fa, aldilà di quello che sarebbe in grado
di fare:
Dan (2008) riporta i risultati degli studi ottenuti con l’applicazione di questa scala
psicometrica, uno di essi ha ottenuto una variabilità della severità del ritardo mentale;
nel 5% ritardo mentale medio, nel 40-54% moderato, nel 38% un ritardo severo, nel 3%
profondo.
Altri studi riportano dei risultati simili con la somministrazione delle Scale Griffiths
anch’esse articolate in varie aree:
Scala Locomotoria
Scala Personale - sociale
Scala Udito e linguaggio
Scala Coordinazione oculo - manuale
Scala Performance
Dai risultati ottenuti dall’applicazione dei vari test evolutivi emerge che l’età mentale
media di questi bambini varia dagli 8 ai 14 mesi. C’è da aggiungere però che sia la
somministrazione di questi test, sia i risultati ottenuti, sono inficiati dalla combinazione
di diversi elementi, quali iperattività, deficit d’attenzione, assenza di linguaggio e
compromissione del controllo motorio. Si pensa quindi che le abilità cognitive dei
bambini con SA siano maggiori rispetto a quelle emerse dai test.
Altri aspetti da prendere in considerazione per un approccio corretto al ritardo
mentale sono l’epilessia, l’atassia severa ed il deficit grave della coordinazione motoria.
Soprattutto nei casi in cui l’epilessia risulta farmacoresistente si osserva una maggior
compromissione del livello cognitivo.
Nonostante tutte le precedenti considerazioni è possibile per questi bambini un
progresso, seppur lento, dello sviluppo mentale, condizione assolutamente rilevante per
l’acquisizione di autonomie nell’uso delle posate per mangiare da soli, svestirsi e
vestirsi autonomamente fare delle scelte e comunicare.

Linguaggio E Comunicazione Aumentativa Alternativa
Sviluppo Del Linguaggio Verbale

Caratteristiche peculiari si distinguono per il disturbo del linguaggio in ciascuna fase
dello sviluppo:
neonati e lattanti piangono meno, la vocalizzazione è scarsa e la lallazione
ridotta;
successivamente si osserva un gergo poco variato che non evolve in eloquio;
intorno ai 10 – 18 mesi possono svilupparsi singole parole, come “mamma”
o “papà” anche se spesso sono usate senza significato simbolico;
entro i 2 – 3 anni di età diviene evidente il ritardo di linguaggio, inoltre
anche pianto ed altre manifestazioni vocali possono essere ridotti;
entro i 3 anni i bambini con S.A. che presentano prestazioni migliori iniziano
a sviluppare spontaneamente un tipo di linguaggio non-verbale, ad esempio
portano l’adulto verso l’oggetto desiderato, indicano l’oggetto, usano
qualche gesto referenziale (ciao / è buono/ non c’è più/); esprimono
approvazione o disapprovazione con il comportamento (sorriso e agitazione
delle braccia o pianto). Altri soprattutto quelli con gravi forme di epilessia o
con grave iperattività, sembra che non prestino sufficiente attenzione e
interesse alla comunicazione, tanto da non riuscire a stabilire neanche un
contatto oculare prolungato (qui l’errore diagnostico comune è quello del
disturbo dello spettro autistico).
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.), come specifico ambito
di studio e di intervento, nasce ufficialmente in Nord America nel 1983 con la creazione
della International Society of Augmentative and Alternative Communication
(I.S.A.A.C.). Nel 1989 nasce il primo “gruppo italiano per lo studio sulla C.A.A.” e nel
1996 sorge la prima e tuttora unica “Scuola annuale di formazione in C.A.A.” che si
tiene a Milano presso il Centro Benedetta D’Intino.
«Con Comunicazione Aumentativa e Alternativa si definisce l’insieme di conoscenze,
di tecniche, di strategie e di tecnologie che è possibile attivare per facilitare la
comunicazione in persone che presentano una carenza o un’assenza, temporanea o
permanente, nella comunicazione verbale» (Rivarola et al., 2000).
Lo sviluppo della C.A.A. è nato per incrementare le abilità comunicative di bambini (in
particolare quelli con esiti di Paralisi Cerebrale Infantile) in cui era evidente la
discrepanza tra linguaggio espressivo, gravemente deficitario, e linguaggio ricettivo, che
non presentava invece severe compromissioni). Nel 1° convegno mondiale sulla SA
organizzato dallo IASO nel 2000, A. Rivarola NPI e direttrice della scuola di
formazione in CAA presso il Centro Benedetta D’Intino di Milano, riferiva sulle prime
esperienze di utilizzo della CAA con soggetti con SA.
La C.A.A. comprende ogni forma di comunicazione che sostituisce, integra, aumenta il
linguaggio verbale orale. In essa rientrano quindi tutti gli interventi volti a:
stimolare e migliorare l’abilità a comunicare con modalità naturali in persone
con gravi disabilità fisiche o intellettive;
fornire ad individui privi o carenti di linguaggio verbale mezzi espressivi il più
possibile adeguati ai loro bisogni.
espandere le capacità comunicative del soggetto tramite tutte le modalità e tutti i
canali a disposizione.
Da ciò ne deriva che la C.A.A. non è sostitutiva del linguaggio orale e neppure ne
inibisce l’insorgenza quando questo sia possibile; si traduce spesso invece in sostegno
alla relazione, alla comprensione e al pensiero.
L’obiettivo principale della C.A.A. è la compensazione della disabilità
(temporanea o permanente) di persone con gravi disordini espressivi, attraverso la
creazione delle condizioni che permettano loro di avvalersi di opportunità comunicative
efficaci, quali l’uso di modalità comunicative non verbali. Tale obiettivo si raggiunge
attuando percorsi a media-lunga scadenza, atti a potenziare e sviluppare le competenze
comunicative presenti, in primo luogo la motivazione a comunicare. Ciascun percorso
deve nascere dai bisogni comunicativi della persona e gli strumenti che vengono forniti,
vanno adattati alle sue esigenze del momento, devono essere flessibili ed evolversi nel
tempo, parallelamente all’evoluzione della persona stessa, in tutti i suoi aspetti.
La C.A.A. è per definizione multimodale: utilizza e integra diverse modalità
comunicative partendo da quelle residue che la persona mette in atto spontaneamente.
Gli strumenti di cui si avvale sono riportati qui di seguito:
Tabelle di comunicazione: supporti di materiale cartaceo o plastico, sui quali si
applicano i simboli che veicolano una serie di messaggi. I messaggi possono
essere rappresentati con disegni, fotografie, simboli grafici, lettere, parole. Sopra
ad ogni simbolo viene sempre riportata la parola scritta corrispondente al
referente, così da rendere possibili scambi comunicativi anche con chi non
conosce il sistema grafico utilizzato.
Diari dei resti: si tratta di un quaderno in cui vengono incollati i “resti” delle
esperienze fatte (un biglietto del cinema, foto, conchiglie, ecc.) per fissare
un’esperienza fatta al fine di rievocarla e poterla così condividere con altre
persone, diversamente la persona con un deficit del linguaggio verbale non
avrebbe gli strumenti necessari per “raccontarsi”. Favorisce inoltre la
sequenzialità del tempo, lo sviluppo del vocabolario e fornisce al soggetto e al
suo interlocutore un pretesto per aprire una comunicazione di senso.
VOCAs (Vocal Output Communication Aids), tastiere più o meno complesse
(con un solo pulsante, una serie di pulsanti fino ad arrivare a dispositivi molto
simili alla tastiera di un PC). Su ogni pulsante è possibile applicare un simbolo
(un’immagine, una parola, ecc.) e la pressione di ciascun tasto trasmette un
messaggio vocale preregistrato, che corrisponde al simbolo posto su di esso, in
tale modo si cerca di ristabilire un ruolo naturale dell’interlocutore parlante, che
nell’interazione comunicativa resta in ascolto senza dover prestare attenzione
continua ad ogni indicazione del disabile. Inoltre la possibilità di sentire la voce
(anche se si tratta di un messaggio preregistrato da un’altra persona) ha un forte
impatto emotivo.
Software di comunicazione: sono programmi eseguibili al PC che permettono di
riprodurre sullo schermo le tabelle di comunicazione, a cui è possibile associare
l’uscita in voce. I vantaggi sono notevoli: non hanno limitazioni nel numero di
messaggi disponibili, l’accesso può avvenire tramite modalità diverse (tastiera,
dispositivi di puntamento, sensori), possono essere utili anche come sistemi di
scrittura ed essere un ottimo ausilio nell’apprendimento scolastico.
Sensori: sono strumenti indispensabili per le persone con deficit motori, che non
potrebbero accedere al computer mediante le normali tastiere manuali, sono
diversi secondo la modalità di attivazione ed i feedback meccanici, elettronici, a
fibre ottiche, a fotocellule, a soffio, vocale, rilevazione della minima contrazione muscolare.



La Neuropsicomotricità In Acqua come Terapia Nella Sindrome Di Angelman.

Dopo una esperienza su alcuni casi clinici con risultati molto soddisfacenti possiamo concludere che la terapia in acqua è una risorsa importante da sfruttare con le pazienti affette dalla sindrome di Angelman sia per i miglioramenti evidenziati nell’aria motoria, in modo particolare nelle abilità di spostamento e coordinazione bimanuale sia nell’aria neuropsicologica ma a patto di organizzare il lavoro in modo da definire gli obiettivi sia a breve che medio e a lungo termine. Con il progetto seguente fornisco un idea di come di può intervenire….


L’Acqua Mediatore Di Comunicazione


Il percorso che è stato intrapreso ha dato ampio spazio all’osservazione, per cercare di conoscere e per quanto possibile capire le modalità comunicative dei bambini.
Si è tentato di non tralasciare nessun aspetto considerando, come afferma P. Watzlawich nel libro “La Pragmatica della comunicazione” che

NON E’ POSSIBILE NON COMUNICARE, NON ESISTE
UN NON COMPORTAMENTO, L’ATTIVITà O L’INATTIVITà,
LE PAROLE O IL SILENZIO HANNO TUTTI VALORE DI MESSAGGIO.

Partecipare direttamente al processo evolutivo del bambino portatore di handicap significa non solo doversi mettere in discussione, ma ricercare modalità di comunicazione alternative, dove non esiste niente di assoluto, tutto è relativo e modificabile.
Il linguaggio verbale non può più essere, il canale di comunicazione dominante, tutti i tipi di linguaggio concorrono alla strutturazione dinamica e aperta del pensiero; la scuola e i centri riabilitativi devono poter offrire a questi bambini una pluralità di interventi educativi che valorizzino le diversità di ciascuno.
Il mediatore facilitante, che mi ha permesso di costruire un contesto riabilitativo alternativo e stimolante con questi pazienti è l’ACQUA, in quanto stimola tutto il sistema neuro- muscolare, consente attraverso il rilassamento, un progressivo distendersi delle tensioni e delle contrazioni muscolari; l’ambiente micro gravitario induce quel sentimento di piacevolezza  e quella sensazione di abbandono-contenimento che permette di costruire nuovi modi di stare insieme e di strutturare nuove abilità.
L’attività motoria in acqua offre al bambino una occasione per sperimentare la sicurezza e la fiducia verso l’altro che diventano le condizioni indispensabili affinchè le esperienze possano essere vissute in un contesto relazionale positivo e di reciprocità. L’acqua accoglie, sostiene, culla, diverte, permette di accorciare le distanze tra le persone e stimola l’interesse per nuovi apprendimenti favorendo una progressiva crescita del senso di autonomia.
Giocando con il proprio corpo in acqua si sperimentano le possibilità di equilibrio, di movimento, direzione, propulsione, contatto. L’operatore con il suo contatto e con la sua presenza accompagna il bambino in questo percorso di esplorazione, lo guida alla scoperta del proprio corpo in relazione al nuovo spazio, agli oggetti e agli altri.
Condivide con lui il piacere e la soddisfazione di conquistare progressivamente autonomia e nuove abilità.
Nel clima di distensione e di dialogo tonico favorito dallo stare in acqua il bambino tende a concentrarsi più facilmente sull’azione proposta, riesce a guardare negli occhi l’adulto, supera più facilmente le proprie inibizioni e diminuiscono di frequenza e intensità i comportamenti aggressivi e auto aggressivi.
I limiti fisici vengono ridimensionati grazie all’effetto dell’acqua e in ogni caso la partecipazione all’attività svolta in piscina offre al portatore di handicap un’occasione spesso irrinunciabile per esprimere le proprie capacità.
         

Obiettivi Generali

-   sviluppare una positiva immagine di sè
-   sviluppo nell’autonomie della vita quotidiana e generale.
-       scoperta del proprio corpo attraverso lo sviluppo delle afferenze.
-       costruzione e consolidamento di un modificato schema corporeo.
-    miglioramento delle funzioni neuro muscolare, respiratoria e cardiocircolatoria.
-    sviluppare le capacità che organizzano e regolano il movimento.
-    sviluppare le capacità percettivo motorie di contatto e relazione con l’adulto.         
-    sviluppare una buona condizione generale di rilassamento.
-    scoperta e utilizzo dei diversi canali comunicativi (cinestesico, visivo, verbale)
-    sviluppo dell’intenzionalità comunicativa.
-    riduzione degli stati d’ansia e degli atteggiamenti aggressivi e auto aggressivi
-    sviluppo dei fondamentali del movimento in acqua:
1)  ambientamento assistito
2)  respirazione con e senza apnea
3)  galleggiamento
4)  scivolamento 

Attività In Acqua
a) autonomia: Es. spogliarsi...rivestirsi...la doccia…
b) ambientamento generale:
- ingresso in acqua
- contatto dell’acqua sul corpo, sul viso.
- rilassamento con ausili e con le prese dell’operatore
- scivolamento prono con aiuto
- scivolamento supino con aiuto
- immersione del volto (coordinazione inspirazione \ espirazione)
- galleggiamento prono con e senza appoggi
- galleggiamento e scivolamento autonomo
- battuta di gambe a Crawl
- battuta di gambe a Dorso
- coordinazione braccia-gambe a crawl
- coordinazione braccia e gambe a dorso
- uso dei materiali
- interazione con coetanei (giochi)

Il Metodo Di Lavoro E Gli Strumenti
Il bambino con disabilità frequentemente instaura delle “strategie di difesa” che si esprimono nell’isolamento e in alcune stereotipie. Egli crea dei veri e propri muri e schermi protettivi con il proprio corpo. “Il bambino agisce sull’ambiente in modo che l’ambiente stesso non possa agire su di lui”.Inizialmente verrà privilegiato il rapporto con l’adulto, finalizzato alla costruzione di un forte dialogo tonico e di un contesto piacevole caratterizzato da un’atmosfera gioiosa e fiduciosa. Questo particolare stato emotivo favorisce anche la memorizzazione delle esperienze.Le emozioni organizzano l’informazione nella nostra mente: creano infatti una rete associativa supplementare che consente di collegare fra loro gli eventi e quindi di recuperarli molto più facilmente dalla memoria. L’adulto vivrà insieme al bambino ogni esperienza in stretto contatto fisico e parteciperà ad ogni scoperta lasciando libero il bambino di organizzarsi e di ricercare l’adattamento migliore attraverso un percorso di ricerca-azione.
Verranno creati ed organizzate situazioni di giochi corporei con diversi oggetti e ausili galleggianti e costruiti dei percorsi con oggetti posti sia in superficie che sotto l’acqua di diversi materiali. Es. (tavolette, tubi, ciambelle, tappetini semigalleggianti, animaletti galleggianti, palloni, ecc. ecc.).
Le attività si svolgeranno sia nella vasca piccola che in quella grande. 

Valutazione
In questo progetto la valutazione intesa come “riflessione pedagogica sulla verifica” è uno degli aspetti fondamentali, in quanto permette agli operatori di autoregolare la programmazione e di ricercare negli alunni quella che Vygotskij chiama “zona di sviluppo prossimale” e che in campo educativo si può tradurre in “zona prossimale di apprendimento”.
Progettare gli interventi in quel tempo-spazio situato tra ciò che l’allievo ancora non sa ma che potrebbe sapere se opportunamente aiutato dall’adulto, significa porre anche l’alunno con handicap nella condizione di IMPARARE AD IMPARARE.
Opportune schede di verifica aiutano a monitorare l’iter terapeutico e il raggiungimento degli obiettivi previsti sia a breve, medio e a lungo termine.

TNPEE Sandro Sollazzo